A distanza di ottant'anni dalla promulgazione della legge fallimentare, dopo una lunga stagione di riforme urgenti e parziali, finalmente il legislatore introduce il Codice della Crisi di Impresa, che dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2018 ed entrare in vigore dopo diciotto mesi Che ci si trovi in presenza di una riforma organica è fuori di dubbio: la materia complessiva viene riorganizzata, ripensata e riordinata. Fatto, questo, già in sé importante, dopo le riforme caotiche succedutesi dal 2005 al 2017. Che ci si trovi in presenza di straordinarie novità è vero solo in parte, posto che il lavoro svolto ha avuto ad oggetto soprattutto il riordino dell'esistente. Le novità si muovono su tre linee direttive principali.

GLI STRUMENTI DI ALLERTA E PREVENZIONE

Per la prima volta in Italia sono introdotti gli strumenti preventivi della crisi, finalizzati a far emergere tempestivamente la crisi dell'impresa e far sì che, nei limiti del possibile, la precoce emersione consenta la conservazione dell'attività aziendale, scongiurandone la dissoluzione.

È probabilmente questa la novità più rilevante. Gli strumenti di allerta si sostanziano nella segnalazione e parziale divulgazione, da parte di enti o di organi, esterni od interni, dei primi segnali della crisi: novità da sempre avversata dalla classe imprenditoriale perché percepita come indebita ingerenza nella vita dell'impresa.

Il legislatore del 2018 ha operato una mediazione, riducendo significativamente il numero degli indici di allarme, rispetto alle previsioni originarie, e limitando gli strumenti di ingerenza, con finalità premiale per chi fa emergere per tempo la crisi e punitiva per chi invece non si attivi. In stretta correlazione con tale novità sono le modificazioni previste nel diritto societario, con l'affermazione definitiva di un obbligo di predisposizione di adeguati assetti organizzativi (finalizzati a far percepire tempestivamente i segnali di crisi). Il che potrebbe comportare per il futuro la creazione di nuovi paradigmi in termini di responsabilità degli organi sociali.

LA CENTRALITÀ DELLE SOLUZIONI ALTERNATIVE ALLA DISSOLUZIONE

In coerenza con la linea riformatrice in voga ormai da anni, si privilegiano oggi le soluzioni alternative al fallimento (termine che addirittura scompare dal linguaggio normativo), nelle tre forme già in vigore: i piani attestati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il concordato preventivo (il secondo ed il terzo accompagnati da forme diverse di accordi sui debiti tributari).

Il concordato preventivo è l'istituto maggiormente interessato dalla riforma, nella misura in cui diventa, di norma, necessariamente strumento di risanamento, al fine di garantire la continuità diretta o indiretta dell'azienda stessa.

LA SCOMPARSA DEL FALLIMENTO

Il fallimento viene letteralmente bandito dall'Ordinamento. D'ora innanzi si dovrà parlare di liquidazione giudiziale, istituto nel quale vanno a confluire il vecchio fallimento e il concordato preventivo liquidatorio. La modifica è soprattutto lessicale, nella misura in cui la normativa non registra significativi cambiamenti di fondo: già da tempo il fallimento ha perso le originarie connotazioni punitive. Ma la novità non è per questo meno importante, considerato che, ancora oggi, molti imprenditori sono ossessionati dal rischio del fallimento ed affascinati dal concordato liquidatorio, che se ne differenzia davvero poco. Il che confermerà, forse, che è proprio vero che il linguaggio influenza il pensiero, come molti filosofi ritengono.

Originally published by Forbes.

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