La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2015 sul contratto di lavoro subordinato a tutele crescenti, nella parte in cui determina in modo automatico - in funzione della sola anzianità di servizio - l'indennità risarcitoria dovuta al lavoratore ingiustificatamente licenziato.

Tale criterio, nell'avviso del Giudice delle leggi, sarebbe contrario ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza, contrastando altresì con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli artt. 4 e 35 della Costituzione.

Sebbene la pronuncia non sia stata ancora pubblicata (risultando allo stato diffuso solo un comunicato stampa dell'ufficio della Corte, che è possibile scaricare qui) e quindi, sotto il profilo tecnico-giuridico, la summenzionata norma sia ad ogni effetto in vigore, a quanto consta stamane taluni Giudici hanno rinviato la decisione della controversia (peraltro in violazione del divieto di udienze di mero rinvio che caratterizza il rito del lavoro) per attendere la decisione della Corte Costituzionale.

In attesa di esaminare il percorso motivazionale della Corte, l'unico dato certo è che ancora una volta non v'è nulla di certo.

Infatti, assumendo che la declaratoria di incostituzionalità non riguardi solo un passaggio specifico del summenzionato art. 3, dovendo colmare la sopravvenuta lacuna normativa il Giudice,in attesa di un intervento del Legislatore, potrebbe:

  1. applicare analogicamente l'art. 18 Stat. Lav. (parrebbe con esclusione della reintegrazione nel posto di lavoro, ad eccezione delle ipotesi in cui è attualmente prevista, sebbene anche questa valutazione sia opinabile); o più probabilmente
  2. applicare i vigenti limiti minimi e massimi previsti dal D.Lgs. n. 23/2015 (i.e. 6 e 36 mensilità), come modificati dal c.d. Decreto Dignità , modulando tuttavia la consistenza dell'indennità in funzione di un più ampio numero di parametri.

In quest'ultima ipotesi, peraltro, le conseguenze della ingiustificatezza di un licenziamento – comunicato ad un lavoratore assunto con il contratto a tutele crescenti – diverrebbero, paradossalmente, astrattamente ben più gravose di quelle derivanti dal licenziamento di un c.d. vecchio assunto.

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