Sempre più spesso l'opera d'arte è considerata un bene di lusso che può soddisfare differenti desideri: l'interesse culturale, il godimento estetico, l'intento speculativo, il prestigio personale o sociale. Nonostante ciò, oggi l'arte ha assunto anche carattere collettivo, suscitando spesso la curiosità del grande pubblico.

Ebbene, il collezionista raffinato si distingue dal grande pubblico per la capacità di individuare una particolare opera, insostituibile con altre similari, che è unica per la qualità e le modalità di esecuzione adottate dall'artista. Quell'opera dovrà dunque essere tutelata, valorizzata, conservata e sarà magari ceduta per acquistarne un'altra che riscontri maggiormente i gusti del collezionista. La passione per l'arte conduce a cercare nuovi artisti e ad acquisire opere che potranno apprezzarsi negli anni a venire, in un crescendo di acquisti e rivendite.

Il collezionista private

Gli aspetti giuridici e fiscali connessi all'arte sono oramai molteplici e devono essere sempre considerati non solo nell'ambito di una corretta gestione di una collezione, ma anche, se del caso, ai fini di una efficiente programmazione preventiva del processo successorio, prestandosi, più di altri beni, ad essere trasferiti velocemente.

Nel nostro ordinamento fiscale casistico e complesso non è presente una norma che preveda di tassare il collezionista che cede le opere possedute nella propria sfera privata e nell'ambito di un'attività non speculativa, mentre è già prevista la tassazione delle cessioni effettuate con finalità speculative, se qualificabili come attività commerciali ancorché non abituali. Tempo fa è circolata la notizia della possibile introduzione, nell'ambito della Legge di Bilancio 2018, di una norma di interpretazione autentica di un articolo del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, volta a tassare (come "reddito diverso") le eventuali plusvalenze realizzate da collezionisti privati nella cessione a terzi delle proprie opere d'arte, fissandone altresì le modalità di calcolo ed introducendo il principio del cd. "modico valore". La modifica, che in base ad una prima ipotesi di lavoro avrebbe avuto efficacia retroattiva per tutte le annualità ancora accertabili, ha destato lo sconcerto dei professionisti e la comprensibile preoccupazione dei collezionisti. Il Legislatore, particolarmente attento al termine del mandato elettorale, non ha dato seguito alla proposta, ma non si può escludere che l'attuale assetto normativo possa essere oggetto di ulteriore revisione, auspicabilmente in termini meno dirompenti rispetto alla prima ipotesi formulata. Ci sembra che un possibile intervento normativo potrebbe limitarsi a identificare quando si è in presenza di un intento «speculativo», eventualmente anche ricorrendo a presunzioni, ma sempre prestando attenzione a non equiparare fattispecie che presentino connotati del tutto differenti. Accomunare il collezionista d'arte che agisce con uno spirito avulso da intenti speculativi, frutto solo del "sacro fuoco" del collezionista, a chi opera, invece, nell'ambito di un'attività commerciale, sia essa abituale od occasionale, non è condivisibile: appare ben diverso, infatti, il caso di chi vende un'opera con lo scopo, come spesso accade, di comprarne un'altra, più rispondente ai propri gusti personali, magari di artisti esordienti o promettenti, rispetto al caso di chi acquista un'opera con l'intento di realizzarci un profitto. La mancanza, nel nostro ordinamento fiscale, di una norma che disciplini in modo esplicito i criteri oggettivi di tassazione del guadagno realizzato dal collezionista – ricorrendo anche a limiti quantitativi, laddove una diversa e nuova politica fiscale ne concedesse l'esenzione – provoca una situazione di forte incertezza, essendo il confine tra il collezionista genuino e lo speculatore a volte piuttosto sottile e del tutto lasciato alla discrezionalità dell'amministrazione finanziaria, attenta a nuova base imponibile. Si auspica, quindi, che il legislatore non confonda i collezionisti genuini con gli speculatori, ma che valorizzi, possibilmente con minori margini di incertezza, le differenze correnti tra le diverse casistiche. Un altro tema significativo che il collezionista, residente fiscalmente in Italia, non dovrebbe trascurare è l'obbligo di monitoraggio fiscale cui sono soggette le opere per qualsiasi motivo detenute all'estero. In tale circostanza, il collezionista è tenuto ad indicare, nella propria dichiarazione dei redditi, il valore delle opere.

L'eventuale omissione di tale indicazione  comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria commisurata al valore non dichiarato dell'opera.

Il passaggio generazionale

Il tema dei passaggi generazionali è, in generale, di estrema attualità, ed è molto sentito anche da parte di coloro che possiedono una collezione di opere d'arte, soprattutto se si tratta di un patrimonio rilevante, spesso per acquisti effettuati in anni non recenti in cui il mercato dell'arte poteva essere considerato ben diverso e alla portata del grande pubblico, almeno per certi filoni artistici. È importante, in certe circostanze, programmare bene e per tempo il proprio passaggio generazionale. Due le ragioni sottostanti: la prima è che non possiamo ad oggi prevedere se e come cambieranno le norme (il nostro Paese è ancora, con riguardo alle aliquote dell'imposta di successone e donazione, un "paradiso fiscale"). La seconda risiede nel fatto che esistono soluzioni per evitare di incorrere in errori e leggerezze che spesso si traducono in una ben maggiore imposizione fiscale, con l'eventuale esigenza di ricorrere alla vendita di alcune opere per acquisire la liquidità necessaria a far fronte al carico fiscale. Un particolare strumento utilizzato per la gestione, la tutela e/o il trasferimento generazionale di opere d'arte è sicuramente il Trust, spesso utilizzato in maniera distorta rispetto alle ragioni che ne hanno suggerito

la nascita in epoche non recenti. La scelta di trasferire le opere d'arte in un Trust può trovare giustificazione, ad esempio, nell'interesse che le opere siano conservate in modo unitario o messe a disposizione della collettività attraverso specifiche istruzioni impartite al Trustee, oppure, nel desiderio del disponente di preservare a lungo la tradizione familiare tramandando nel tempo il patrimonio artistico di famiglia. E ancora, nell'esigenza salvaguardare depositi presso enti istituzionali nazionali ed esteri con soggetti qualificati in grado di valorizzarne l'esposizione e la fruibilità. Ciò che rende questo istituto più flessibile e versatile rispetto ad altri è il fatto che le opere in esso trasferite siano vincolate a specifiche finalità predeterminate, connesse al soddisfacimento dei desideri del disponente attraverso regole e modalità dallo stesso stabilite. L'aspetto maggiormente caratterizzante del Trust è senz'altro la creazione di un patrimonio separato rispetto al patrimonio residuo del disponente e a quello del Trustee o dei beneficiari. Ne consegue che qualunque accadimento coinvolga detti soggetti non avrà effetti sui beni in Trust (cd. "segregazione patrimoniale"). Dal punto di vista fiscale, in assenza di disposizioni normative specifiche, il tema più rilevante è capire quando le opere trasferite al Trust debbano essere assoggettate all'imposta sulle successioni e donazioni. Sull'argomento si è espressa copiosa giurisprudenza, con orientamenti difformi. Secondo un primo orientamento, condiviso dall'Amministrazione finanziaria, il momento impositivo dovrebbe coincidere con la costituzione del "vincolo di destinazione" –ossia il momento del trasferimento deibeni nel Trust – che secondo tale tesi èsempre soggetta all'imposta a prescinderedalla tipologia di Trust prescelta e daglieffetti giuridici che ne derivano. Di contro,vi è un secondo orientamento, condivisoda autorevole dottrina e da recentegiurisprudenza di legittimità, secondocui rileverebbe, ai fini dell'applicazionedell'imposta di successione e donazione,il momento della definitiva attribuzionedei beni ai beneficiari, con conseguentearricchimento di questi ultimi.

Al di là della tecnica legislativa adottata,che pure influenza le decisioni a basedelle operazioni di trasferimento, rimane ilfatto che sempre più ragioni di opportunitàsuggeriscono – in un panorama nonsempre univoco – di trasmettere la propriaeredità artistica alle nuove generazionicon le modalità più efficienti ed efficaci,consci che anche tale sforzo consentiràai beneficiari di trasmetterle a loro volta,magari con qualche pezzo in più frutto diun buon acquisto. APRILE, 2018 FORBES | 99

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